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Il giorno dell’inaugurazione è ormai prossimo. Martedì 8 novembre, alle ore 17, aprirà per la prima volta le proprie porte “Arca, l’Emporio della Solidarietà”, allestito in via Cappella a Monte di Procida, proprio al confine con Bacoli. Si tratta di un importante progetto, unico in Campania e non solo, il frutto dell’intensa collaborazione fra l’associazione La Casetta Onlus e la Fondazione Progetto Arca Onlus con sede a Milano, che insieme intendono sostenere le famiglie indigenti del territorio flegreo.

Secondo il rapporto 2016 su povertà ed esclusione pubblicato dalla Caritas, infatti, in Italia sono un milione e 582mila le famiglie in povertà assoluta, oltre di 4,5 milioni di individui, il numero più alto dal 2005. Non si tratta di un disagio economico, ma della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quei beni e servizi necessari per una vita dignitosa. Dal 2007 la percentuale di persone povere è più che raddoppiata passando al 7,6%. Ancora una volta è il Mezzogiorno a vivere la situazione più difficile, qui si concentra il 45,3% dei poveri di tutta la nazione.

Per questo nasce “Arca”, un social market con tratti molto innovativi. Nella sua sede si possono trovare frigoriferi e i classici scaffali di un supermercato con una dozzina di prodotti alimentari sempre disponibili. I clienti, tramite un protocollo d’intesa, saranno selezionati dai Servizi Sociali. Si tratta di 40 famiglie di Bacoli e Monte di Procida che potranno fare la spesa senza dover spendere i propri soldi. La Casetta e Progetto Arca, infatti, senza l’ausilio di fondi pubblici, sono riusciti a finanziare interamente il progetto. Le famiglie coinvolte riceveranno una tessera a punti che utilizzeranno per pagare la propria spesa.

Tratto innovativo di questa iniziativa è la possibilità per i clienti di “ricambiare” il servizio ricevuto tramite ore di volontariato da prestare secondo le proprie possibilità, competenze e predisposizioni. Per loro sarà proposto un apposito corso di formazione nel quale impareranno a relazionarsi col prossimo e con le diverse situazioni di disagio. Non più, quindi, un semplice dono, ma una nuova dimensione di scambio che gratifica la persona, facendola sentire utile e non peso. Tale sistema, inoltre, crea relazioni nuove, aiuta chi si trova in difficoltà ad uscire da una pericolosa tendenza all’isolamento.

Spiega così Anna Gilda Gallo, presidente de La Casetta Onlus”, il sentire da cui nasce il progetto: «Nella profonda problematicità della nostra vita c’è bisogno di una voce che gridi “non temere”. Io credo che l’uomo si debba liberare da quel che si è messo addosso o da quel che gli hanno messo addosso, l’inclusione, quindi, è importante perché solo così l’essere scopre la relazione e la capacità di amare.

«A Milano, a Roma, ora a Napoli, e domani in altre città italiane: Progetto Arca vuole essere presente per aiutare le famiglie in difficoltà, che hanno il bisogno e il diritto di riprendersi e ricominciare a vivere – commenta Laura Nurzia, vicepresidente della Fondazione – E aiutare per noi significa innanzitutto soddisfare i bisogni primari attraverso beni semplici proprio come quelli alimentari, ma significa anche guardare oltre l’assistenza, credendo in un futuro di autonomia e integrazione sociale per tutti. Questo è il valore imprescindibile della dignità della persona».

Segnali preoccupanti arrivano dall’ultimo “Rapporto annuale sulla povertà in Italia” presentato dall’Istat, un campanello d’allarme per le istituzioni e per quanti operano nel sociale. Le stime diffuse dal report sono riferite a due distinte misure della povertà: relativa ed assoluta, che semplificando fanno riferimento, rispettivamente, alle difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi e l’impossibilità di raggiungere uno standard di vita minimo accettabile.

Si stima che nel 2015 le famiglie in condizione di povertà assoluta siano 1 milione e 582 mila, per un totale di 4 milioni e 598 mila individui, il numero più alto dal 2005 a oggi. L’incidenza della povertà assoluta cresce moderatamente per quanto riguarda le famiglie, ma aumenta considerevolmente se misurata in termini di persone (+0,8% rispetto al 2014). Anche la povertà relativa risulta stabile nel 2015 in termini di famiglie mentre aumenta se si considera il numero degli individui (+0,8%).

Questi dati sono indice delle crescenti difficoltà economiche a cui vanno incontro le famiglie numerose, quelle composte da 4 persone. Si tratta soprattutto di coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. Analogo discorso per la povertà relativa che arriva al 31,1% nelle famiglie composte da 5 o più persone.

Il report Istat segnala che i giovani in povertà sono triplicati con la lunga recessione economica e sono ormai il doppio degli anziani. Gli individui tra i 18 e 34 anni che vivono in condizioni di povertà assoluta hanno superato il milione, sono circa il 10% mentre nel 2005 erano appena il 3,9%. Particolarmente colpito anche il sud Italia, dove risultano relativamente povere quasi quattro famiglie su dieci.

In sostanza nel 2015 circa una persona su tredici ha vissuto in povertà assoluta, per farsi un’idea, quasi i cittadini di tutto il Veneto. Come accennato la distribuzione della povertà in Italia riflette il tradizionale divario tra nord e sud. Calabria, Sicilia, Basilicata e Molise hanno, in proporzione, più del doppio dei poveri rispetto alla media nazionale. Va poco meglio alla Campania che si ferma al 17, 6 % di povertà relativa.

I dati, rimbalzati all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, meritano una riflessione seria ed interventi concreti che agiscano sulle cause che generano povertà. Non bastano misure una tantum, è necessario creare posti di lavoro dignitosi e stabili, servono politiche per la casa, occorre agire sulla dispersione scolastica.

Si tratta, quindi, di politiche strategiche che riguardano le istituzioni locali e nazionali. Anche La Casetta Onlus, però, nel suo piccolo cerca di perseguire questa strada, non limitandosi ad interventi di tipo assistenziale. L’attenzione ai minori ed alle famiglie, il supporto scolastico, la formazione professionale delle donne… Sono tutti interventi di ampio respiro con cui volontari ed operatori cercano di affrontare in maniera integrata il disagio per generare un benessere solido e duraturo.

Pochi principi sono radicati nell’idea stessa di stato moderno e democratico come quello dell’eguaglianza. Oggi probabilmente la riflessione pubblica si ferma poco sul tema e si è portati a credere che non ci tocchi da vicino. Poniamoci, però, la domanda: esiste davvero l’eguaglianza? Ha cercato di fornire una risposta il Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF con un report sulla disuguaglianza nel benessere dei bambini nei paesi ad alto reddito. Un lavoro che analizza il divario fra i minori della fascia più bassa e quelli della fascia media, in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.

Il quadro che emerge restituisce l’immagine di una crescente diseguaglianza anche nei paesi del cosiddetto benessere. La differenza fra ricchi e poveri è aumentata negli ultimi decenni e la crisi economica ha acuito il divario. In questo scenario è concreto il rischio di lasciare indietro in tanti, in particolare i più giovani. È ormai convinzione diffusa, infatti, che le esperienze infantili abbiano un profondo impatto non solo sulla vita presente dei bambini, ma anche sulle loro opportunità e prospettive future. Analogamente, le condizioni di svantaggio socio-economico nei primi anni di vita aumentano il rischio di basse retribuzioni, standard sanitari e competenze inferiori in età adulta.

Osservando i dati notiamo come la Danimarca sia in cima alla classifica complessiva con una disuguaglianza relativamente contenuta, seguita da Finlandia, Norvegia e Svizzera che condividono il secondo posto. Israele e Turchia si collocano nelle ultime posizioni della classifica, ma nella parte bassa troviamo alcuni dei paesi più ricchi del mondo, fra cui tre appartenenti al G7: Canada, Francia e Italia.

Il nostro paese nella classifica complessiva si trova addirittura al 32° posto sui 35 stati valutati nel loro complesso. L’indicatore più preoccupante è quello nelle diseguaglianze di reddito. In Italia un bambino di fascia disagiata ha a disposizione un reddito mediamente più basso di oltre il 60% rispetto ai pari età di fascia media. Un divario pesante ed in crescita in paese in cui la povertà minorile è già alta, al 17,7%. Crescente la diseguaglianza anche nell’ambito della salute, Italia 28°su 35, con sempre più bambini che non hanno la possibilità di effettuare una regolare attività fisica.  Solo leggermente migliore la situazione in merito all’istruzione e soddisfazione nei confronti della vita. Di tutto ciò i più piccoli non hanno colpa, ma rischiano di pagarne le conseguenze.

Dati di questo tipo servono a fornire un quadro chiaro e definito del problema, attraverso numeri che non possono essere ignorati. Chi, però, opera quotidianamente nell’assistenza all’infanzia e all’adolescenza più disagiata ha una percezione diretta delle difficoltà degli ultimi, di chi resta indietro, soprattutto se minore. Per questo i volontari e gli operatori de La Casetta Onlus, in via Cappella a Bacoli (NA), cercano di intervenire su svariati fronti per favorire l’inclusione sociale e combattere quelle disuguaglianze che spesso ne sono la causa.

Lo fanno attraverso un percorso integrato. La semplice assistenza materiale, infatti, non garantisce un’emancipazione piena e duratura. Combattere le diseguaglianze significa rompere la spirale di disagio garantendo un pieno sviluppo della persona e opportunità nuove per il minore. Allora La Casetta Onlus si occupa di istruzione con il supporto scolastico e l’accompagnamento. Non solo, in questa logica si inseriscono anche le attività ludico-ricreative e i programmi alimentari. Fondamentale, infine, anche l’attenzione al contesto familiare con il supporto alla genitorialità e le iniziative volte a creare nuove opportunità per madri senza lavoro.

 

Mirco Maestrini

Spesso si dice che la realtà non può essere spiegata con dei freddi dati numerici. Sarà sicuramente vero, ma in alcuni casi solo la forza brutale e inappellabile dei numeri può rendere l’idea di ciò che ci circonda. Nel mondo sono circa 570 milioni i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà, 750 milioni sono vittime di deprivazioni di vario tipo, mentre più di 950 milioni rischiano di cadere in povertà. I dati forniti da Save the Children nel nuovo rapporto “Povertà minorile nel mondo”, sono sicuramente eloquenti, ma sembrano dipingere una realtà a noi lontana. Così non è. Circa il 73% delle persone povere nel mondo vivono in paesi a medio reddito e anche tra i paesi più ricchi. Nella stessa Unione Europea il 27% dei bambini sono a rischio di povertà ed esclusione sociale.

L’Italia non fa eccezione. Il nostro paese, insieme a Grecia e Spagna, è quello che ha maggiormente e fortemente avvertito la crisi economica e i dati lo testimoniano. Oltre un milione di bambini vivono in condizioni di estrema povertà, mentre il 34% sono a rischio povertà ed esclusione sociale. Colpa della disoccupazione e dei servizi sociali sempre più scarsi a sostegno delle famiglie. Così la qualità della vita dei bambini è scesa. Ne risente la formazione con la rinuncia ad attività integrative e il taglio della spesa. Ne risentono gli ambienti domestici e persino la salute. Si, perché dall’inizio della crisi economica in Italia sembrerebbe raddoppiato il numero di minori che hanno dovuto fare i conti con la povertà alimentare.

Situazioni di questo tipo rischiano di innescare un circolo vizioso con gravi conseguenze per il futuro di centinaia di milioni di bambini. Nel rapporto di Save the Children, infatti, si evidenzia come la povertà minorile vada di pari passo con l’esclusione sociale ed economica. Le conseguenze sono molto concrete. Si stima ad esempio che un bambino che abbia vissuto significative e croniche carenze nutrizionali nei primi tre anni di vita, abbia maggiori rischi di ammalarsi, possa crescere almeno 3 centimetri meno di un suo coetaneo, avere maggiori problemi a completare la scuola primaria e in alcuni casi, da adulto, possa guadagnare dal 3 all’8% in meno all’anno rispetto alla media. Giovani donne con scarsi livelli nutrizionali sono inoltre più esposte a veder crescere i propri figli malnutriti.

Come precedentemente evidenziato circa il 73% delle persone povere del mondo vivono nei paesi a medio reddito ed è proprio in questi paesi che la povertà economica rischia maggiormente di trasformarsi in fenomeni di esclusione sociale e discriminazione. Fenomeni di questo tipo sembrano più frequenti in quei paesi che hanno conosciuto un rapido sviluppo economico come ad esempio l’India. Ma anche gli USA registrano ampi fenomeni di povertà minorile, soprattutto all’interno delle comunità afroamericano ed ispaniche.

Dati di questo tipo, si sa, vanno interpretati con la dovuta cautela, ma stavolta il fenomeno rischia solo di essere sottostimato. I bambini più poveri e vulnerabili spesso sono proprio quelli che sfuggono alle statistiche e si stima che nella realtà il dato potrebbe tristemente crescere di oltre il 25%. Non fa eccezione il sud Italia e neppure l’area flegrea, dove lontano dai riflettori si sono moltiplicate le situazioni di disagio. Per questo La Casetta Onlus opera contro la povertà e l’esclusione sociale dei minori. Un lavoro quotidiano fatto di gesti semplici, che però assumono un grande valore alla luce proprio del quadro appena dipinto. Si è visto, infatti, come il trasposto scolastico, il dopo scuola e le altre attività ludico-formative svolgano un ruolo fondamentale nella crescita del bambino. Accanto a tutto questo La Casetta non fa mancare l’attenzione alla famiglia, provando a migliorare il contesto di vita del minore attraverso azioni di sostegno materiale e varie forme di supporto alla genitorialità.

 

Mirco Maestrini

Ufficio Stampa La Casetta Onlus

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