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Dal 2014 ad oggi nel Mediterraneo sono morti oltre 10mila migranti. Oltre 10mila persone, annegate nel tentativo di raggiungere l’Europa. Il 2016 non ha portato ad un miglioramento, anzi si sta configurando come l’anno peggiore. Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) sono stati 2.859 i migranti morti nei primi cinque mesi dell’anno mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo per raggiungere le coste europee, ben mille in più rispetto allo scorso anno. La maggior parte di loro ha perso la vita nel braccio di mare fra Grecia e Turchia, ma con l’arrivo della bella stagione torna a popolarsi la rotta italiana.

Nonostante il significativo aumento dei morti, il numero complessivo di migranti non si discosta molto da quello dello scorso anno. Allora è giusto continuare a parlare di emergenza immigrazione? Probabilmente no. La vera emergenza, accanto al tragico numero di morti in mare, è costituita dalle carenze e dalle falle del sistema di accoglienza. Un sistema spesso corrotto, in cui si fatica a trovare nuove sistemazioni per gli ultimi arrivati.

L’Italia e l’Europa intera sono alle prese con una situazione estremamente complessa. I provvedimenti sinora adottati non hanno dato grossi risultati, o quantomeno non sono riusciti ad affrontare in maniera decisa il fenomeno. Resta una condizione di affanno generale e si torna a parlare di soluzioni radicalmente diverse. Circa un anno fa La Casetta Onlus si è confrontata sul tema con la Fondazione Progetto Arca che da oltre 20 anni opera nell’accoglienza.

Erano i tempi del caos alla stazione di Milano, ma anche oggi il lavoro continua. Proprio da lì, quando scendono da un treno e trovano ad accoglierli una squadra multilingue di mediatori che offre informazioni e beni di primo conforto. Poi c’è l’Hub per la registrazione e gli altri servizi: docce, un ambulatorio, postazioni PC, punto ristoro e area gioco per i più piccoli. L’accoglienza è organizzata per dare a chi arriva la possibilità di riposarsi, quattro, cinque giorni al massimo, il tempo necessario per levarsi di dosso un po’ della fatica del viaggio e orientarsi rispetto alle opportunità. L’obiettivo è avviare ogni ospite all’autonomia attraverso un programma di integrazione individuale portato avanti da educatori e assistenti sociali (maggiori info visita il sito).

Già allora emerse la proposta di corridoi umanitari che fornirebbero vie legali di transito ai migranti, arginando così quei fenomeni di illegalità che costituiscono la vera emergenza. La realtà, però, è che l’idea di accogliere liberamente chi è in fuga dal proprio paese costituisce qualcosa di piuttosto estraneo dal sentire comune, anche in ambienti tendenzialmente più aperti. A pesare non poco è una diffusa reticenza e un certo scetticismo con cui oggi si accolgono i migranti. Colpa di miti infondati, di un’informazione non sempre corretta e di una crescente ondata di radicalizzazione che ha costruito muri fisici ed ideologici.

Abbatterli non è affatto semplice, ma c’è chi nel quotidiano opera accogliendo coloro che ne hanno bisogno, senza badare al colore della pelle, alla provenienza o al credo religioso. Le porte de La Casetta Onlus a Bacoli sono sempre aperte con operatori e volontari pronti ad accogliere la persona, mettendo al centro l’umanità e le esigenze dell’individuo, non ciò che egli rappresenta. Servizi come la Mensa o Unità Mobile su strada si rivelano utili ad aiutare anche persone immigrate. In passato sono stati portati avanti anche progetti mirati come l’istituzione di uno sportello di mediazione culturale.

Ciò che, però, caratterizza sempre l’operato de La Casetta è l’atteggiamento di apertura, la voglia di tendere una mano, di ascoltare, capire e sostenere chi si trova in difficoltà. «Non muri ma ponti per questi nostri fratelli», le parole di Anna Gilda Gallo, la presidente dell’associazione. La porta de La Casetta è sempre aperta anche a chi voglia offrire il proprio aiuto. Sulla pagina facebook è possibile trovare maggiori dettagli sulle attività dell’associazione e le modalità per sostenerla.

L’agenda mediatica ultimamente ha spostato le proprie attenzioni su problematiche diverse e i flussi migratori stessi conoscono rotte nuove. L’Italia, però, non può certo dimenticare la questione immigrazione e soprattutto quella legata all’accoglienza. I riflettori spenti sono un rischio, ma costituiscono anche un’opportunità per poter osservare il fenomeno in maniera più analitica, senza le pieghe emotive derivanti dalle tragiche immagini che per mesi hanno riempito le prime pagine dei giornali.

Continua a fare acqua il sistema italiano dell’accoglienza. Ce lo racconta la campagna “LasciateCIEntrare” in un dossier dal titolo “Accogliere: la vera emergenza”. Partiamo dai costi. Nel 2015 sono stati spesi 1,16 miliardi Euro, una piccolissima percentuale, lo 0,14%, della spesa pubblica nazionale complessiva. Un dato in leggere crescita, ma che resta modesto, soprattutto alla luce degli investimenti europei che hanno fruttato all’Italia almeno 400 milioni di euro in tre anni.

Ciò che preoccupa maggiormente, però, non è la quantità di denaro, ma le modalità con cui lo stesso viene speso. Spendere bene per l’accoglienza significa favorire l’inclusione sociale, la sicurezza e la dignità umana, ma anche migliorare l’economia del luogo in cui vengono collocati i migranti in attesa di asilo. Nella gestione attuale, invece, manca la trasparenza, ma soprattutto una visione a lungo termine circa un fenomeno che da anni ormai è diventato strutturale.

Il 72% dei richiedenti asilo è accolto nei CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria che sono 3090 su tutto il territorio nazionale. I mega centri governativi, detti anche CARA, sono 13. Sono 430 i Progetti del Sistema di Protezione per Rifugiati e Richiedenti Asilo (SPRAR) distribuiti in piccoli centri e considerati, in linea di massima, il migliore esempio di accoglienza a livello nazionale. La maggior parte delle risorse pubbliche, quindi, sono impiegati nella gestione dei centri straordinari ed emergenziali, di cui spesso non è possibile sapere dove sono e chi li gestisce.

Evidente il controsenso per cui centri, definiti straordinari, gestiscono ordinariamente l’accoglienza. Non si tratta, però, solo di una questione di termini. Questa “ordinaria straordinarietà” ha dato vita a centri improvvisati. Hotel, ristoranti, vecchi casolari, tutti riconvertiti in strutture dove ospitare profughi e i richiedenti asilo al fine di ottenere lauti profitti. Gli scandali sono stati tanti anche l’area flegrea e se ne riportano esempi nel rapporto stesso.

Non manca, però, l’impegno di tanti individui e associazioni che con generosità cercano di supplire alle mancanze del sistema. In questo contesto prova a fare la sua parte anche La Casetta Onlus, che apre le sue porte a chiunque ha bisogno di sostegno, senza distinzione razziale o di alcun tipo. Ne sono esempi la mensa quotidiana, ma anche il servizio di assistenza mobile su strada che un giorno a settimana, per tutto l’anno, offre un pasto caldo a chi vive in stato di disagio e non può raggiungere il centro. Ma l’impegno si è concretizzato anche in iniziative diverse come lo sportello di mediazione culturale che ha assistito e indirizzato numerosi immigrati.

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